Quando si parla di passione a quattro ruote,
generazioni diverse spesso parlano lingue diverse.
Costruendo questi gioielli da collezione, The Little Car Company
cerca di ricucire quel distacco usando l’immaginazione

di Marco Cortesi
E’ facile sminuire The Little Car Company come un produttore di giocattoli per bambini ricchi.
Piccoli miliardari snob che guidano annoiati le loro repliche, in scala 3/4, di grandi modelli del passato lungo lunghi viali alberati.
In una certa misura è così. Ma c’è di più.
L’azienda lo dice chiaramente: l’obiettivo è quello di trasmettere, a nuove e diverse generazioni, la passione per le grandi auto, il bello, il gusto della guida.
Questo, per il mondo dell’auto, è un problema reale; quando si parla di macchine, da strada e da corsa, è sempre più chiaro che le nuove generazioni parlano una lingua diversa. Apprezzano cose diverse, spesso incomprensibili per i “vecchi” puristi…. che allora, automobilisticamente parlando, li abbandonano al loro destino. Acquistando una Little Car, i clienti sperano di trovare un punto di unione con i loro figli, nipoti o altro, e portare avanti le passioni che loro amano. Naturalmente, nel fare ciò, vogliono anche possedere per loro stessi un oggetto unico, straordinario e da collezione.
The Little Car Company realizza delle riproduzioni straordinarie, capolavori di artigianalità, dal costo importante ma anche dal valore intrinseco molto alto. Sono spinte da motori elettrici di diverse potenze, programmabili con modalità adeguate alle capacità del “pilota”. Dal lancio nel marzo 2019 il marchio ha registrato una crescita notevole, arrivando oggi a produrre oltre 200 auto elettriche in scala, in collaborazione con rinomate Case quali Bugatti, Ferrari e Aston Martin. Ogni mini-auto è amorevolmente costruita a mano presso la sede dell’azienda nell’Oxfordshire.
La Testarossa J, versione al 75% della Ferrari 250 Testa Rossa del 1957, può arrivare a 12 kW e 80 chilometri orari… ed è dotata di quattro freni a disco Brembo che fanno impallidire il modello originario. Il valore costruttivo non si ferma lì; la piccola vettura è costruita non solo con il consenso di Ferrari, ma anche con i disegni originali dell’epoca e il supporto del Dipartimento Ferrari Classiche.
La carrozzeria è in alluminio sagomato a mano, come quella degli anni “50, il volante è fornito, come allora, da Nardi. Le tre batterie offrono un’autonomia intorno ai 90 chilometri. Il prezzo di tanta attenzione al dettaglio? Intorno ai 100.000 euro. Ammesso di trovarla, visto che la produzione è limitata a 299 esemplari e c’è già una corposa lista d’attesa.
La Bond car per eccellenza, l’Aston Martin DB5 in versione “baby”, costa quasi un terzo. Viene via con circa 35.000 euro. Ma esiste anche la versione “Vantage” con più cavalli, e un incredibile modello da 007 con mitragliatrici (che producono lampi e rumori), targa reversibile, fumogeni, e una modalità “donuts” per disorientare gli inseguitori. In questo caso, si va oltre 90.000 euro ma con 125 esemplari in programma, le speranze di averne una sono piuttosto ridotte.
Anche in questo caso ci sono freni a disco e sospensioni dalla stessa geometria dell’originale. L’interno è un vero capolavoro, con gli strumenti circolari, volante in mogano, sedili in pelle.
La funzione “generazionale” è ancor più forte con l’ultima arrivata della linea, la Bugatti Baby II, replica in scala della Type 35. Proprio Ettore Bugatti costruì la prima Baby, quasi un secolo fa, per il quarto compleanno del figlio Roland, e il successo fu talmente grande che dovette trasformarla in un modello di produzione.
La Baby II, come le altre Little Car, è in scala ¾ ed è stata riprodotta con precisione partendo da una scansione tridimensionale. Può essere completamente personalizzata, non solo nei colori ma anche nella carrozzeria, a richiesta in fibra di carbonio. Con potenze che arrivano ai 10 kW e velocità di 68 km/h, è adornata con un logo Bugatti in argento.
La creazione è stata autorizzata e supportata dalla casa madre, con tanto di complimenti del Presidente Stephan Winkelmann. Questa volta i prezzi partono da circa 30.000 ma con numeri più ambiziosi: 500 gli esemplari previsti.
E in questi giorni, a Londra, è in corso una nuova piccola-grande sfida: siccome la Ferrari Testa Rossa J è attualmente esposta da Selfridges, come poteva rispondere la piccola Bugatti… se non conquistando il quinto piano di Harrods?
Quindi, se quest’anno volete osare un regalo un po’ sopra le righe… beh, ora sapete dove andare.
Non diciamo che tutti coloro che vogliano educare i propri figli alla passione a quattro ruote debbano spendere cifre a cinque zeri. In quel caso, come detto, c’è un’importante componente collezionistica. Tuttavia, vanno apprezzati e premiati degli sforzi per coltivare le passioni che molti nemmeno provano più a fare, limitandosi a bollare i ragazzi come stupidi fuori dal mondo, incollati al cellulare, o altri luoghi comuni.
La passione, anche oggi, è molto sogno che concretezza, più immateriale che materiale, più comprensione e vicinanza che distacco e freddi numeri.
A volte, anche in assenza di una Little Car, basterebbe un po’ più di immaginazione.
Questa bellissima versione della testa Rossa Junior è stata addirittura protagonista dell’asta “Silver Anniversary Bonhams Quail Lodge Auction” dell’estate di quest’anno a Peeble Beach, in California.
Questo esemplare particolare, un pezzo unico in edizione speciale , commemora “Lucybelle II” (telaio 0732TR), che fu l’auto guidata dal pilota statunitense Ed Hugus (tra l’altro residente a Pebble Beach) e Ray “Ernie” Erickson, a Le Mans 1958 con il numero di gara 22.
Dotata della livrea originale Bianco Cervino con strisce blu, questa sarà l’unica Ferrari Testa Rossa J al mondo a detenere questa livrea. L’auto vanta anche luci da corsa dell’epoca, con la scritta “Lucybelle II” dipinta su un lato dell’auto e la bandiera degli Stati Uniti d’America dipinta sull’altro.
Le tre batterie che alimentano il motore elettrico sono posizionate nella parte anteriore della vettura e garantiscono un’autonomia di circa 90 km, a seconda dello stile di guida. Si accede alle batterie sotto il cofano anteriore, mentre la vettura può essere ricaricata dove prima risiedeva il tappo del serbatoio.