Con Ken Block scompare un pilota popolarissimo per le sue gesta
da stuntman, drifter e personaggio mediatico.
Ma la sua influenza sul modo di comunicare i motori rimarrà viva a lungo

di Marco Cortesi

Ken Block era un’icona, uno showman innato, ma non solo.
E’ stato un protagonista assoluto del mondo dell’automotive; ha evoluto il modo di comunicare la passione per le auto e lo sport del motore.
Anche se non ha lasciato una striscia di vittorie sportive nel suo curriculum di pilota, ha avuto un impatto unico nella visione globale delle corse e ha contribuito ad adattarla ad un mondo in evoluzione. Va ricordato come uno dei personaggi più influenti nella storia del motorsport moderno e forse, in prospettiva, come uno di quelli che avranno contribuito alla sua continuazione futura.

Scomparso a 55 anni durante una gita in motoslitta nello Utah, dove si trovava in vacanza nel suo ranch, Block aveva iniziato a correre negli anni 2000, prendendo parte alla serie Rally America. Al termine della sua prima stagione di gare si aggiudica il titolo di “Rookie of the Year” e nel 2010 debutta nel Campionato Mondiale con la sua Fiesta. Pochi ricordano che è stato uno dei soli quattro piloti USA ad aver conquistato punti iridati.
In seguito si distingue come vero pioniere della disciplina Rallycross, che contribuì a lanciare in modo definitivo.

Ken era però arrivato al successo planetario con la serie di video Gymkhana, in cui affrontava percorsi e superava ostacoli nella maniera più spettacolare possibile, in un mix tra puro show, rally e drifting. Come qualcuno ha affermato, Block è riuscito a trasformare in realtà il gioco di un bambino con le macchinine sul pavimento di casa.
Il suo canale YouTube ha raccolto centinaia di milioni di visualizzazioni trasformandolo in una star mondiale.

Ma l’eredità di Block va ben oltre il successo personale. Ha infatti contribuito a riportare nelle corse il divertimento spensierato, l’intrattenimento puro, la freschezza del mondo degli skateboarder e dei crossisti. In un periodo in cui a livello mediatico e di pathos il motorsport stava rimanendo indietro, per via del passare del tempo, di dirigenze incartapecorite e di un gran numero di tifosi troppo tradizionalisti e intransigenti, Block ha ridefinito il modo di comunicare utilizzando gli strumenti adatti. Dai social alle livree delle macchine, dalla promozione agli incroci con altri settori.
E’ riuscito a realizzare una delle imprese più importanti e necessarie nello sport di oggi: ha raggiunto nuove persone, soprattutto giovani, che all’inizio erano attratte solo dalla dalla follia delle acrobazie, dai colori, dallo show, ma poi sono rimaste affascinate dallo sport.

Così facendo, ha riportato alla luce il pieno potenziale delle quattro ruote. Con il suo marketing d’azione ha saputo sviluppare attività commerciali e brand. DC Shoes, ad esempio, da lui fondata e poi venduta per decine di milioni a Quiksilver, e successivamente Hoonigan.
Il suo lavoro è stato, ed è tuttora, esempio e ispirazione per tanti team, piloti e organizzatori di campionati che oggi cercano di pensare fuori dagli schemi, proprio perché qualcuno gli ha mostrato che l’idea funzionava.
A partire dalla Formula 1, ma anche con la Formula E e nelle gare americane, è comparsa una nuova filosofia in cui far divertire, fare spettacolo e vendere, che non va necessariamente a detrimento della serietà sportiva, ma può viaggiare in parallelo, senza creare un danno reciproco.
Questo potenziale, un mix di passione, spettacolo, sport e marketing, è un punto fermo in un momento di incertezza tra difficoltà industriali, transizione ecologica, eventi straordinari imprevisti e imprevedibili, in cui il comparto “automotive”, da corsa e non, si interroga sulla propria direzione futura.

L’ultima follia di Ken Block è recente, è targata Audi e, da una semplice idea, è diventata realtà in meno di otto mesi. Ispirato nel design alla leggendaria Audi Sport quattro Pikes Peak (vincitrice della cronoscalata nel 1987) il prototipo “full electric” Audi S1 e-tron quattro Hoonitron si è dimostrato un concentrato di tecnologia e adrenalina.
Nelle mani di Ken Block, questa incredibile Audi è divenuta protagonista di “Electrikhana”, un film girato tra le strade e i parcheggi dei casino di Las Vegas.

Il prototipo si è dimostrato davvero impressionante, abbinando una fulminea erogazione di coppia all’efficacia della trazione integrale quattro elettrica. A tutto ciò si è aggiunta la creatività e l’abilità del pilota americano … inutile aggiungere che, in poche settimane, molti milioni di persone hanno visualizzato questo ennesimo successo mediatico di Ken Block.

Ho avuto la fortuna di intervistare un paio di volte Ken Block.In realtà era quello che abitualmente chiamiamo “un brav’uomo”, assai diverso dal personaggio che ha saputo creare e che ha popolato l’immaginario di milioni di fans nel mondo. Durante un incontro in Inghilterra, nell’autunno del 2015, Block raccontò molte cose interessanti: “Sono una persona che ama la competizione e che ama divertirsi. Quindi mi diverto se competo… ma ho anche pensato che sarebbe stato divertente portare auto da gara fuori dal contesto delle corse a fare con loro altre cose…”

Tu sei stato anche incredibilmente abile a trasformare tutto questo in un eccellente affare…                                                                                                “Certo, assolutamente! Alla fine della storia le corse automobilistiche sono molto costose. Costa un mucchio di dollari fare le cose che amo fare e pertanto era necessario trovare il modo di offrire agli sponsor la massima visibilità possibile, in modo che si convincessero a investire sempre di più, così da permettermi di buttarmi in tutte le cose pazze che faccio ogni anno. E’ stato un esercizio davvero interessante e ora mi diverto molto in giro per il mondo, offendo agli sponsor non solo gare, esibizioni e visibilità ma anche un’opportunità di vero business”.

Qual’è stata la miglior decisione nella tua carriera?                                       E il momento peggiore?                                                                           “Probabilmente la mossa migliore è stata quella di abbracciare totalmente la filosofia dei social media, di internet, e di cercare di utilizzarli per mostrare ciò che facevo, al di là dei tradizionali contenitori quali campionati, gare, eccetera. In passato un atleta poteva contare solo sulla visibilità garantita dalle scelte di coloro che seguivano quello sport. Oggi invece, in un certo senso, abbiamo noi il controllo e possiamo fare in modo che la visibilità sia puntuale e sempre maggiore.                                             

I momenti peggiori invece sono certamente stati gli incidenti. Il peggiore mi capitò durante un Rally del Portogallo… l’incidente quando arriva arriva… fa parte del gioco. Ho sempre pensato che, avendo iniziato tardi a correre, dovevo imparare molto in fretta, ma ho comunque sempre fatto del mio meglio. Sfortunatamente, quando spingi al limite qualche volta sbatti, questa è la realtà delle gare”

Sei uno dei quattro piloti americani ad aver conquistato punti nel Mondiale Rally.                                                                                                                              Credi che saresti stato capace di stare al top della specialità se ti fossi concentrato solo su quello?                                                                                      “Questa è probabilmente la cosa che più mi innervosisce e dispiace, perché ero e sono convinto di avere l’abilità per farlo… ma non ne ho avuto il tempo. Se guardate ai piloti migliori vi renderete conto che impiegano anni e anni per arrivare dove sono… e questo è ciò che bisogna fare: partecipare ad ogni gara, ogni anno, migliorare le note, fare moltissimi test. Io semplicemente non avevo il tempo per farlo, ero già impegnato su molti fronti, con gli sponsor… e poi sono papà di tre ragazzi: semplicemente non potevo fare tutto! Il Mondiale Rally richiede dedizione totale, un sacco di tempo. Oggi nel Rallycross sono in grado di correre ad alto livello, e di partecipare ad un intero campionato, perché questa specialità richiede molto meno tempo dei rallies. Ma alla fine mi ritengo un pilota da rally, mi piacciono e mi spiace non partecipare al Campionato del Mondo.”

Le corse sono molto cambiate durante tutti questi anni. Ma le corse hanno cambiato te?                                                                                                            “No. Per me si è trattato di un sogno divenuto realtà. Ho iniziato a correre per puro divertimento, sapevo di avere un po’ di talento ma non avevo idea di cosa sarei riuscito a combinare. Sono stato capace di fare cose fantastiche in giro per il mondo, compreso correre nel Mondiale Rally e finire nei primi 10. Non avrei mai pensato di riuscirci… è stata una bellissima esperienza…”.

Certo Ken, è stata una bellissima esperienza e grazie per avercela regalata.

Vittorio Gargiulo