Benvenuti all’inferno di King of the Hammers, un evento pieno di azione,
adrenalina, sudore e lacrime… che non ha eguali al mondo

di Niccolò Gargiulo
fotografie di Paolo Baraldi, Philip Casper, Larry Chen, Jeff Foster, Robert Kranz, Heather Lewis, Getsome Photo,
Regine Trias, High Rev Photography, Shane Durrance, Evan Davis, Bink Designs, Tom Silk, Royce Rumsey
“Nel motore utilizziamo un fluido speciale, che si è congelato durante questa notte prima della gara. – racconta Wayne Matlock – Abbiamo provato a scongelarlo ma non siamo riusciti a finire l’operazione prima che Kristin dovesse prendere il via”.
Fa freddo a Hammertown, un freddo che coloro che non hanno familiarità con il deserto del Mojave (California meridionale) non sono in grado neppure di immaginare. Proprio a causa delle basse temperature l’avventura di Kristin Matlock, in questo King of the Hammers 2022, è finita prima di cominciare, mentre è andata meglio al marito Wayne, 9° assoluto e 2 °di classe B2 nel Desert Challenge, la gara che tradizionalmente apre la 10 giorni di sabbia, sudore e lacrime.
Temperature gelide, nebbia fitta e bassa e una pesante cappa di polvere aleggiavano sulla Johnson Valley mentre il sole sorgeva, venerdì 28 gennaio, per rivelare Hammertown in tutta la sua frenetica attività all’inizio prima giornata del King of the Hammers 2022.
In verità, se vi venisse voglia di cercare Hammertown su una mappa potreste avere seri problemi. Questa città non esiste o, meglio, nasce e muore nel giro dei dieci maledetti giorni in cui, a partire dal 2007, ha luogo l’evento più duro e puro che appassionato di motori possa immaginare.
È difficile non cadere nella retorica parlando di King of the Hammers (letteralmente il Re dei Martelli) ma qui tutto è sopra le righe: le auto, i percorsi di gara massacranti, la gente, i concerti rock e, ovviamente, il consumo di birra.



Sebbene la competizione principale, detta Race of Kings, si tenga interamente nella giornata di chiusura, la dieci giorni californiana brulica di piccoli e grandi eventi, con circa 50.000 persone a prendere parte alla festa. Pensate che l’evento è passato da 12 team “invitati” nel 2007 a più di 300 partecipanti attuali (suddivisi in una miriade di classi e gare differenti), che insieme al pubblico riempiono l’enorme “temporary town” che nasce per l’occasione nel deserto.
King of the Hammers non è solo un evento motoristico, è lo stile di vita di un popolo di appassionati che per dieci giorni vive, fatica, rischia e si diverte in una città nel mezzo del deserto. King of the Hammers è un evento esorbitante, irriverente, assolutamente eccessivo.
E quando credi che l’ultima edizione di King of the Hammers a cui avevi assistito sia stata la più bella, dura e sbalorditiva, ecco che gli organizzatori ti allestiscono (in piena pandemia da covid 19) un’edizione ancora più incredibile. Capace di offrire un crescendo di emozioni forti e senza pausa.

Se il Desert Challenge, che si svolge nei primi due giorni nel deserto, vi sembra già duro sappiate che per le competizioni più aspre, quelle con i passaggi impossibili tra rocce e canyons (i famigerati sentieri Hammer), quest’anno è stato allestito un percorso di 365 chilometri, che molti hanno definito addirittura “punitivo”.
La Race of Kings ha la reputazione di essere la gara fuoristrada di un giorno più difficile al mondo, che spinge piloti e macchine al punto di rottura e oltre. Quest’anno la sfida si è rivelata più impegnativa che mai tanto che solo 44 dei 101 concorrenti sono riusciti a raggiungere il traguardo entro il limite di tempo di 14 ore (!!!).
“Questa gara è stata durissima… ma non deve essere facile, – ha commentato al termine Jason Scherer (tre volte vincitore e secondo quest’anno) – questa è una sfida e non voglio che gli Hammers siano facili. Voglio che il traguardo te lo guadagni. Sono contento che sia così”.
La Race of Kings prevede gli stessi due giri delle gare più brevi riservate ad alte classi di vetture, ma alza la posta con un terzo giro, aggiungendo passaggi ancora più difficili con nomi minacciosi quali King’s Veto o Nightmare.
Questa competizione rappresenta il gran finale di dieci giorni di gare e musica dal vivo nella Johnson Valley, davanti a decine di migliaia di fan acclamanti, mentre milioni di spettatori si connettono ogni giorno per la copertura video in streaming.
L’evento di quest’anno è stato il più grande della sua storia e, di conseguenza, anche il montepremi totale è stato ragguardevole: oltre 630.000 dollari, con il montepremi per Race of Kings che pesava per ben 143.50 dollari.
RACE OF KINGS
Lo spietato terreno della Johnson Valley (una delle più grandi aree di Off Highway Vehicle negli Stati Uniti) ha fatto il suo dovere operando una selezione senza precedenti; dopo i 365 chilometri previsti solo 44 piloti (su 101 partenti) sono giunti al traguardo nel tempo massimo di 14 ore.
Alla fine, Raul Gomez ha aggiunto il suo nome all’Albo d’Oro dei vincitori di King of the Hammers e non è stata una sorpresa, perché il Gomez Brothers Racing era andato vicino alla vittoria tante volte. Raul, i suoi fratelli Marcos e JP e suo figlio Darian sono da anni tra i preferiti dai fans per il loro stile di guida sempre all’attacco. Raul Gomez ha pilotato un nuovissimo buggy UFO Fabrication (n. 83) che non aveva mai testato prima della gara.
DESERT CHALLENGE
Il Desert Challenge si suddivide in due competizioni, che coprono i primi due giorni dell’evento. Si svolge su un tracciato decisamente “ruvido” ma piuttosto rapido, quasi interamente nell’area desertica. La prima giornata è riservata alle categorie Limited, cioè una serie infinita di classi e sottoclassi di buggy, fuoristrada, pickup, UTV con preparazione limitata. L’ordine di partenza (importantissimo in quanto chi segue le prime vetture ha a che fare con veri e propri muri di polvere) viene stabilito al mattino presto con un prologo su un mini-circuito di 53 chilometri. La gara vera e propria si tiene invece su un tracciato di ben 323 chilometri. Per la cronaca la gara Limited è stata vinta da Chase Warren. Il giorno seguente è toccato alle classi Unlimited, tra cui i potentissimi e mastodontici pickup della classe T1. A spuntarla è stata la coppia Kyle Jergensen – Shawn Shanks.
CAN-AM UTV HAMMERS CHAMPIONSHIP
La competizione riservata agli UTV Can-Am è stata appannaggio di Kyle Chaney per il secondo anno di fila. Due i giri previsti, il primo di 138 chilometri totalmente desertici e il secondo di 112 chilometri, che includeva ben 18 stretti passaggi tra canyon di roccia. Questa è una categoria in grande ascesa, basti pensare che nel 2013, quando è stata istituita, ci furono 35 iscritti e soltanto tre videro il traguardo. Per contro quest’anno al via erano ben 122, ma se Chaney ha concluso in 4 ore e 26 minuti, soltanto altri 30 piloti sono stati in grado di terminare il percorso entro il tempo massimo imposto di 9 ore.
EVERY MAN CHALLENGE
Venerdì 4 febbraio è toccato ai 135 potenti mezzi della Every Man Challenge. In pratica quattro differenti classi con prestazioni simili che gareggiavano per un’unica classifica assoluta.
Il percorso, molto duro, di 243 chilometri consisteva in strade sconnesse e velocissimi fondali di laghi asciutti nel primo giro, mentre nel secondo giro le difficoltà erano rappresentate da 18 canyon disseminati di massi. Solo 34 dei 135 veicoli iscritti hanno raggiunto il traguardo entro il limite di dieci ore e a primeggiare è stato Dan Fresh (già vincitore in passato) al volante di un buggy Bomber Fabrication. Da segnalare la presenza di un veicolo elettrico, l’Holley EFI EV di Kyle Seggelin: non ha raggiunto il traguardo ma passerà agli annali come pioniere dell’era elettrica nel Mojave desert.
