Il mercato italiano dell’auto sta gradualmente cambiando pelle,
il parco circolante invecchia sempre di più
e i costruttori Cinesi vedono crescere rapidamente le loro quote

“Il vento dell’Est soffia sull’automotive” è il titolo di una recentissima indagine sulla mobilità degli italiani che ha evidenziato come il settore automotive sia destinato a cambiare, nel futuro immediato, molto più di quanto non abbia fatto negli ultimi decenni.
Redatto da ANIASA (l’Associazione all’interno di Confindustria che rappresenta i servizi di mobilità) e da Bain & Company (azienda di consulenza globale) lo studio prospetta una grandinata di nuovi modelli ma anche di nuove motorizzazioni, nuovi produttori, nuovi modelli di business, nuovi mix di segmenti e nuovi canali di vendita e utilizzo.
Insomma, un rinnovamento integrale sia dei prodotti e che delle abitudini.
Gli italiani paiono disorientati (anche dai tempi di consegna molto posticipati), rimandano l’acquisto dell’auto e per lo più finiscono per tenersi la propria, come confermato dal drastico crollo delle rottamazioni (-30% nel 2022 rispetto al 2021), con quasi mezzo milione in meno di vetture rottamate. La naturale conseguenza di questi fattori è una crescita continua del parco circolante ma pure della sua età media, che ormai ha raddoppiato i livelli di 20 anni fa, superando i 12 anni di età per vettura. E quando gli italiani devono proprio cambiare l’auto, preferiscono sempre di più noleggiarla anziché acquistarla. Un fatto, questo, che solo dieci anni fa sarebbe parso fantascienza.
Un’altra annotazione interessante è che la progressiva elettrificazione sta portando ad un graduale disimpegno dei costruttori “tradizionali” dal segmento delle utilitarie. Il segmento A, storicamente molto rilevante in Italia (con quote pari ad un quinto del mercato) ha iniziato ad arretrare fino a al 15%, a beneficio dei segmenti auto più grandi e costose.
Crolla quindi, almeno per il momento, il falso mito delle piccole elettriche da città: ad oggi i veicoli elettrici ottengono la quota maggiore nei segmenti di vetture medio-grandi e si concentrano nelle grandi città.


Nelle immatricolazioni del primo trimestre del 2023, la quota delle elettriche pure (BEV) nelle vetture medie e grandi è stata pari a circa il 13% del totale mercato, contro il 2,6% nelle compatte dove a vincere sono sempre i motori benzina e le auto con propulsione mild hybrid. Ad abbassare la media delle BEV si conferma il Sud Italia, che non va oltre il 5-6% del totale del mercato se si sommano elettriche pure e ibride plug-in.
Il mercato europeo non se la passa molto meglio, avendo chiuso in negativo del 3,9%, ma con le BEV che salgono dal 10,8% al 14,7% di quota. A trainare sono Germania e Regno Unito, con Italia e Spagna fanalini di coda. In questa analisi si è ben inserito il convegno “Mobilità elettrica, oggi per domani”, organizzato dal mensile AUTO, che ha definito il quadro di un’evoluzione in corso, non semplice, con tanti problemi ma che ha una direzione chiara.
A fotografare tutto lo studio presentato da Francesco Papi, Partner PwC Strategy & Italy Automotive Leader: “L’Italia è il fanalino di coda in Europa insieme alla Spagna in merito alla transizione verso l’elettrico; – sostiene Papi – a marzo 2023 la quota di autovetture BEV e ibride plug-in nel nostro Paese si è fermata all’8,2% delle immatricolazioni, rispetto al’19,8% di Germania, 24,1% della Francia e al 26,7% del Regno Unito.
Tra le principali ragioni che rallentano la crescita del mercato dell’e-mobility figurano il costo iniziale del veicolo, un’offerta di prodotto ancora limitata e poco competitiva sui segmenti delle citycar e delle utilitarie e la diffusione delle infrastrutture di ricarica pubblica, che rappresenta un fattore di crescita rilevante, soprattutto per la domanda a più basso reddito che dispone meno di parcheggi privati e di sistemi di ricarica domestica. Poi, non va sottovalutato un altro aspetto: la soddisfazione di chi ha già scelto l’elettrico, in oltre il
40% dei casi, determinata dal passaparola di amici e parenti. E a oggi chi compra elettrico mostra un trend di soddisfazione in calo, principalmente a causa dell’insoddisfacente gestione del processo di installazione dei sistemi di ricarica domestica. Serve quindi l’aiuto delle istituzioni”.
Dal cocktail che deriva se analizziamo tutti questi dati, e li agitiamo per bene, appare chiaro che “il vento dell’Est” (a cui si accennava in apertura) inizia a soffiare sempre più insistentemente.
Il mercato italiano sta diventando sempre più appetitoso per costruttori asiatici, in grado di produrre auto a costi più competitivi.
Per conquistare il mercato del Vecchio Continente, questi operatori stanno sfruttando nuove catene di fornitura, ma anche soluzioni creative, riposizionandosi nel frattempo su un segmento più premium, di buona qualità, in linea con la domanda del mercato europeo.
Dalla Cina si stanno affacciando nuovi attori specializzati nell’elettrico anche nei segmenti top. Non a caso, alcuni brand asiatici hanno già scalato molte delle prime posizioni nelle vendite globali di vetture elettrificate, in alcuni casi scavalcando anche Tesla.
La classifica dei principali produttori di vetture elettrificate è costellata di marchi cinesi, che hanno ormai tolto il podio ai player storici: BYD è il primo produttore di auto elettrificate al mondo sebbene Tesla mantenga il gradino più alto nelle elettriche “pure”. Il grosso delle vendite si registra in Cina, ma la quota in Europa è in progressivo aumento.
Lo spostamento verso l’Oriente è particolarmente evidente anche sulle quote di produzione, dove l’Europa ha ceduto lo scettro di principale produttore alla Cina, che già oggi ha raggiunto il 4° posto nella classifica dei Paesi che hanno registrato il maggior numero di brevetti in Europa… con la nostra Italia solo undicesima.
I costruttori dell’Est conquisteranno nei prossimi anni crescenti fette di mercato (in Italia il 4% al 2030), a scapito dei brand tradizionali del Vecchio Continente e va sottolineato che, dal 2015 ad oggi, l’Europa ha perso la produzione sul proprio territorio di 5 milioni e 300mila vetture, ora prodotte per lo più in Cina.
È quindi evidente che voler difendere a tutti i costi un’industria centrata sui motori a combustione appare una battaglia di retroguardia, destinata a fallire nel medio-lungo termine. Certamente nel breve la transizione va gestita e vanno salvaguardate conoscenze ed eccellenze europee, ma al contempo bisogna investire laddove il mercato sta andando, magari zoppicando e con qualche tentennamento, ma comunque senza alcuna possibilità di marcia indietro.
Non basta gridare “al lupo al lupo”: senza mettersi al passo con nuove tecnologie e modelli industriali finirà che “il lupo” (cinese) vincerà facile facile.

“In un contesto di incertezza come quello attuale, per gli italiani la centralità dell’aspetto economico legato alla mobilità emerge con forza. – sostiene Gianluca Di Loreto, Partner Bain & Company – Pur preferendo i marchi europei, un italiano su cinque sta già considerando marchi cinesi e asiatici perché più convenienti, anche se di minore qualità. Il futuro è già qui: l’assetto del mondo automotive si sta spostando velocemente verso Oriente e, in questo contesto, è necessario e urgente che l’Italia acceleri gli investimenti sulla filiera auto, riaffermando il proprio ruolo industriale nel comparto. La chiave è puntare sulle eccellenze del Made in Italy (i “campioni nazionali” del settore) attraverso il progressivo superamento delle vecchie tecnologie, storico fiore all’occhiello del Paese, per sviluppare nuovi centri di eccellenza e competenza nel mondo dell’elettrificazione”.
ANIASA ha confermato come il settore del noleggio veicoli continua a crescere e ha ormai raggiunto un’incidenza superiore al 30% sulle immatricolazioni registrate a livello nazionale. In questo ambito emerge una quota sempre più significativa di vetture ibride (56% del totale immatricolato ibrido plug-in) ed elettriche (32%).
Nel totale si parla di una flotta di 1 milione e 200mila mezzi, pari a 13 miliardi di fatturato, che tra l’altro si conferma leva strategica per la decarbonizzazione della mobilità italiana.
Per centrare gli obiettivi fissati al 2035, il nostro Paese non ha alternative al rivedere il peso fiscale sui servizi di mobilità turistica, urbana e aziendale a basso impatto ambientale.
I numeri del noleggio a lungo termine in Italia sono in continua crescita. Secondo i dati UNRAE, sono state 302mila le immatricolazioni nel 2022, in aumento del 19% sul 2021, in particolar modo tra i privati. I contratti siglati dai privati hanno toccato quota 90mila (14,8% del totale) e nel primo trimestre 2023 si registra un’ulteriore crescita del 10% rispetto ai tre mesi precedenti e dell’8,5% rispetto al primo trimestre 2022. Il trend pare orami irreversibile.
Inoltre, per 1 italiano su 4 questa formula invoglierebbe a scegliere un’auto elettrica.
Ma quali sono pro e contro del noleggio a lungo termine secondo gli automobilisti?
Innanzitutto, va sottolineato che 6 italiani su 10 lo conoscono, con punte del 72% tra i Millennials. Tra i vantaggi percepiti, spiccano soprattutto la minore incidenza delle spese di manutenzione (28%), i costi iniziali inferiori rispetto all’acquisto (20%) e la praticità a livello burocratico (20%).
