Con la 24 Ore di Daytona si è aperta la nuova era delle gare di durata,
che ha finalmente riunito America ed Europa sotto lo stesso tetto regolamentare
e convinto grandi costruttori a tornare in gioco

di Marco Cortesi
Il nuovo boom dell’endurance è cominciato.
Con la 24 Ore di Daytona di pochi giorni fa si è aperta una nuova era di convergenza, che ha riunito America ed Europa sotto lo stesso tetto regolamentare e convinto grandi costruttori, a partire da Ferrari e Porsche, a tornare in gioco. Ma ci saranno anche l’immancabile Toyota, Peugeot, Cadillac, Honda, Lamborghini, Alpine, BMW e altri piccoli costruttori come Glickenhaus (in pista già da un paio di anni) e Vanwall.
A convincerli è stato il regolamento chiamato Hypercar, un intelligente mix di diverse filosofie che ha dato a tutti qualcosa di valido per le rispettive esigenze. Le Hypercar si dividono infatti in due famiglie, LMH e LMDH, che correranno nelle stesse gare e nella stessa categoria, pur essendo completamente diverse.
Le LMH (che significa Le Mans Hypercar) sono vetture dalla tecnologia eccellente, sviluppata tutta internamente dalle case, con scelte tecniche di primo livello per sofisticazione e costi, godendo anche di una certa libertà costruttiva. È il caso di Toyota ma anche di Peugeot, con la 9X8 e la sua unica aerodinamica senza alettone, e di Ferrari con la sua innovativa ibrida. Ma ci sono anche i “piccoli” Glickenhaus e Vanwall, che hanno però scelto di schierare vetture a propulsione puramente termica.

Le LMDH (Le Mans Daytona Hypercar) sono invece realizzate con una filosofia opposta, originariamente propria della categoria americana IMSA.
Meno costose e con più parti in comune, non sono progettate da zero bensì si basano sui progetti della classe minore LMP2, migliorandoli in termini di aerodinamica, tecnologia e potenza. Cadillac, Honda, Lamborghini, Porsche, BMW e Alpine hanno scelto uno tra i quattro telaisti della categoria cadetta e li hanno incaricati di produrre le proprie super-vetture.
Ad esempio, Cadillac e BMW si sono rivolte a Dallara e, partendo dalla base della LMP2 italiana, hanno poi aggiunto un propulsore da loro prodotto e un’estetica personalizzata, oltre a un pacchetto ibrido con KERS che è uguale e obbligatorio per tutti.
Alpine e Honda (quest’ultima tramite la filiale americana Acura) hanno invece scelto Oreca, Porsche ha utilizzato i canadesi di Multimatic, mentre Lamborghini ha deciso di appoggiarsi a Ligier.
Il fatto di partire da un progetto LMP2, e di usare componenti comuni, permette ovviamente di calmierare i costi, mentre il divieto di esclusività permette a più case di rivolgersi allo stesso telaista, ammesso che abbia il tempo di lavorare per più “clienti”.

In soldoni ci troviamo con il Mondiale Endurance e l’IMSA americana che, nella loro classe di punta, potranno accogliere macchine diverse: le LMH e LMDH.
Da un lato la classe regina del Mondiale si chiama semplicemente Hypercar, e prevede l’iscrizione di auto dell’uno e dell’altro tipo, quindi sia LMH che LMDH.
Dall’altro, nell’IMSA, la classe di vertice è stata battezzata GTP: non c’entrano le GT, si tratta soltanto di un richiamo a un nome storico degli anni ’80. Per ora ci correranno solo le LMDH, ma non è escluso che anche Toyota, Ferrari e compagnia possano presto decidere di varcare l’Oceano: si tratta solo di una valutazione commerciale.
Ma com’è possibile che macchine così diverse come concezione corrano insieme?
Ovviamente c’è il BOP, il Balance of Performance, che attraverso parametri tecnici equilibrerà le prestazioni o, quantomeno, proverà a equilibrarle.
Tutte le LMH e LMDH devono offrire una specifica potenza e un prefissato livello di efficienza aerodinamica. Per “misurarle”, devono essere testate in galleria del vento, omologate e “congelate” per tre anni, in base ai parametri rilevati e alle differenze prestazionali mostrate in pista.
Il BOP non è una novità, ma la novità riguarda la sua gestione. Da un lato il fatto che si parta da numeri progettuali e non solo da performance in pista.
Dall’altro, il fatto che ai team, ai costruttori e ai piloti sia vietato di parlarne in termini polemici, o tali da suggerire disparità.
La prima regola del BOP è quindi il divieto di parlare del BOP… se questa previsione risparmierà polemiche e discussioni, è tutto da vedere.

Intanto, a Daytona si è avuto un netto vincitore: l’Acura.
A dispetto dei tanti problemi di affidabilità riscontrati durante l’inverno, la vettura su base Oreca è stata semplicemente veloce e, pur non avendo mai girato per più di quattro o cinque ore senza rompersi, al momento chiave ha saputo resistere, pur con qualche preoccupazione.
Cadillac e Dallara hanno quindi recitato la parte degli inseguitori. Molto affidabili, ma con un pizzico di spunto in meno che, con le tante safety-car e ripartenze, non ha permesso di andare all’attacco nel finale.
Da dimenticare invece i debutti di Porsche e BMW. Problemi al cambio e incidenti hanno rallentato le vetture di Stoccarda, schierate dal team Penske, mentre le auto bavaresi hanno incontrato problemi con l’integrazione dei sistemi, quelli più temuti della vigilia. La cosa più curiosa è che la vettura trionfatrice è l’unica per cui non è previsto al momento di correre a Le Mans, perché per Acura è importante solo il mercato americano e non c’è ancora l’interesse di casa Honda.
A metà marzo ci sarà un nuovo capitolo: nello stesso weekend, a Sebring, correranno separatamente entrambi i campionati, il World Endurance Championship al venerdì, e l’americano IMSA al sabato.
Da una parte, il debutto attesissimo della Ferrari, e il confronto diretto con Toyota, Peugeot Porsche, Cadillac.
Dall’altro, il secondo round dell’IMSA con Acura, BMW, Porsche e Cadillac.
A prima vista a trionfare è la confusione… tant’è vero che è già stato annunciato che questo esperimento non verrà più replicato.
