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Fu nel 2005 che cambiarono immediatamente le regole del gioco.
Mai prima d’allora un veicolo di serie era stato dotato di un motore così potente e performante, in grado di assicurare un’accelerazione da 0 a 100 km/h in solo 2,5 secondi e una velocità massima di oltre 400 km/h.
La Veyron è stata la prima vera “hypercar” al mondo… e ciò non sarebbe stato possibile senza il suo incredibile motore W16.
Poi, a marzo 2016, fu la volta della Chiron e, ancora una volta, ciò che pareva impossibile si concretizzò davanti agli occhi di tutto il mondo. Il propulsore della Chiron era un W16 da 8,0 litri e aveva quattro turbocompressori, proprio come la Veyron, ma montava turbocompressori più grandi e un sistema di iniezione del carburante duplex con 32 valvole di iniezione e, infine, presentava un maggiore uso di carbonio e titanio per aiutare a compensare l’aumento di peso.
La sua potenza iniziale (già strabiliante) di 1.500 CV fu successivamente aumentata a 1.600 CV e, anche grazie ad una coppia massima di 1.600 Nm, si può affermare che il motore W16 segnò ancora una volta il corso della storia delle auto ad alte prestazioni.

Lo sviluppo di questo motore è stato frutto un lungo processo.
Nel 1997, l’ingegner Ferdinand Karl Piëch, all’epoca presidente del consiglio di amministrazione della Volkswagen, presentò l’idea iniziale al responsabile dello sviluppo motori di Karl-Heinz Neumann, schizzandola su una busta mentre viaggiava sullo Shinkansen, il treno ad alta velocità da Tokyo a Osaka. La sua idea iniziale era di un motore con 18 cilindri, ma successivamente fu scelta la soluzione W16: un giusto omaggio al motore 16 cilindri sviluppato tanti anni fa dallo stesso Ettore Bugatti.
Gregor Gries, che è stato fino a febbraio 2022 il responsabile dello sviluppo tecnico, ricorda: “All’epoca nessuno credeva davvero che potesse esistere un veicolo stradale da oltre 1000 cavalli. Volevamo dimostrare di poter costruire un motore non solo potente, ma anche maneggevole”.
Gli ingegneri partirono da zero: “Abbiamo dovuto impegnarci nello sviluppo di base per ogni componente; ogni parte del veicolo doveva essere ricostruita e testata di nuovo, anche il banco di prova del motore fu totalmente ripensato. L’unica cosa che non abbiamo cambiato sono state le matite che abbiamo usato per disegnare. – dice Gregor Gries – Ci siamo sentiti come Ettore Bugatti ai tempi: anche lui aveva sempre sviluppato i suoi strumenti“.

Non più grande di un V12 e con un peso di circa 400 kg, il motore presenta la disposizione dei cilindri (unica) in una configurazione a “W”, per ottenere dimensioni compatte. Due blocchi a otto cilindri sono stati disposti con un angolo di 90 gradi e alimentati da quattro turbocompressori.
Ma le sfide che Karl-Heinz Neumann e il suo team hanno affrontato per trasformare l’idea del W16 in una realtà sono state immense: “Allora non esistevano letteratura o dati empirici per motori di serie con più di dodici cilindri o per veicoli di serie che potessero andare più veloci di 350 km/h. – racconta Neumann – Una cosa ci ha procurato molti mal di testa: l’auto doveva rimanere a terra, la sua potenza doveva rimanere sulla strada, il che non è facile a quelle velocità. Ma dimostrare che era possibile costruire un motore in grado di garantire tutto ciò è stato incredibilmente interessante”.

Dare vita al motore ha richiesto più di 3.500 parti singole, ciascuna assemblata a mano. Nel suo primo test in assoluto, nel 2001, il motore a doppio biturbo superò subito i 1.000 cavalli richiesti.
Ma tali erano i salti nelle prestazioni che il tradizionale banco prova motori non poteva farvi fronte e nuovi sistemi dovettero essere sviluppati appositamente. Emersero anche problemi inediti, come il fatto che dovevano essere gestiti gas di scarico estremamente caldi. La soluzione fu un sistema di scarico in titanio di dimensioni mai viste prima.

Assicurate le prestazioni, gli ingegneri rivolsero la loro attenzione alla fluidità e all’affidabilità. Poiché una configurazione a 16 cilindri offre un funzionamento naturalmente regolare, rilevare una mancata accensione con i metodi tradizionali sarebbe inaffidabile. L’equipe di ingegneri ha quindi sviluppato il Bugatti Ion Current Sensing (BIS) per monitorare la corrente ionica che scorre in ciascuna candela. Se il sistema rileva una combustione instabile o una mancata accensione, la fasatura dell’accensione viene rallentata, il cilindro disattivato o la pressione di sovralimentazione ridotta.
Assolutamente cruciale per l’affidabilità era il complesso sistema di raffreddamento, caratterizzato da due cicli di liquido refrigerante. 40 litri di liquido fluiscono infatti attraverso il ciclo ad alta temperatura (con tre radiatori nella parte anteriore) per mantenere il motore alla sua temperatura di esercizio ideale. Viceversa, il ciclo a bassa temperatura (con una pompa separata) contiene 15 litri di liquido di raffreddamento utilizzati per abbattere, fino a 130 gradi, la temperatura dell’aria di sovralimentazione riscaldata dei turbocompressori, attraverso due scambiatori di calore sul motore. Ci sono anche radiatori per l’olio del differenziale, olio di trasmissione e olio motore, nonché uno scambiatore di calore per il sistema di aria condizionata.
Il W16 fu montato nella Veyron in posizione centrale/longitudinale, con cambio a doppia frizione a sette rapporti situato davanti al motore.
“Essere su strada con la W16 significa avere una sensazione illimitata di potenza e prestazioni. Qualunque sia la velocità, il motore ha riserve sufficienti per un’accelerazione aggiuntiva in qualsiasi situazione. Quando si passa rapidamente dalla crociera alla guida veloce, il W16 rimane fluido e non lo si sente mai teso. Questa assenza di confini è ciò che i nostri clienti trovano così unico seducente”, racconta Pierre-Henri Raphanel, collaudatore ufficiale di Bugatti, che ha guidato Veyron e Chiron per oltre 100.000 chilometri.
Anche il suono del motore è unico; grazie a un ordine di accensione asimmetrico, il suo suono è diverso da qualsiasi altro propulsore. Equilibrato nella gamma di potenza inferiore, il rombo diventa sempre più “ringhiante” con l’aumentare dei giri.

Gli ingegneri hanno poi continuato a ottimizzare il motore nel corso degli anni. Con turbocompressori ingranditi e molte altre modifiche, il W16 ha erogato 1.200 CV nella Veyron 16.4 Super Sport del 2010. Nello stesso anno, la Super Sport ha stabilito un record di velocità di 431,072 km/h, guadagnandosi l’ingresso nel leggendario Guinness dei primati come la più veloce supersportiva stradale di produzione.
E mentre la Veyron 16.4 (e le sue derivate Grand Sport, Super Sport e Grand Sport Vitesse) è divenuta un prezioso oggetto da collezione, in Bugatti stavano già pensando a un nuovo modello…
Con la Chiron, gli ingegneri hanno infatti affrontato la sfida di sviluppare una vettura altrettanto sofisticata ma ancora più lussuosa e più prestazionale.
Volevano rendere il W16 più potente, più silenzioso e più evoluto: “Oltre a una maggiore potenza in base alle stesse dimensioni e peso del motore, volevamo migliorare l’acustica, i consumi e le emissioni”, rammenta Tilo Fürstenberg, al tempo Head of Engine Development di Bugatti.
Gli unici aspetti che gli ingegneri hanno mantenuto nel tempo sono la forma compatta e il passo di 73 millimetri: tutto il resto è stato progettato ex-novo. Il risultato è stato un nuovo propulsore silenzioso, efficiente e capace di 1.500 CV, con una reattività e un’erogazione di potenza più dirette. Ciò ha equivalso a un aumento del 50% rispetto al motore originale della Veyron 16.4 e a un aumento di circa il 24% rispetto alla Veyron 16.4 Super Sport.
Gran parte delle nuove prestazioni sono derivate da turbocompressori decisamente innovativi. L’aumento iniziale della potenza a 1.500 CV e poi (per Chiron Super Sport e Centodieci) a 1.600 CV, ha richiesto quattro turbocompressori. Ciò è stato possibile grazie al sistema di turbocompressore a due stadi (turbocompressore sequenziale) in cui due turbocompressori entrano in gioco uno dopo l’altro. Questi sono del 69% più grandi di quelli della Veyron e solo quando sono in uso tutti e quattro, due su ciascuna bancata di cilindri, il motore raggiunge la sua massima potenza. Da segnalare c’è anche che la valvola del gas di scarico che fa parte di questo impianto deve essere in grado di resistere a temperature di 980 gradi, pur rimanendo completamente mobile, e per questo motivo Bugatti utilizza speciali leghe.

Il lavoro di sviluppo ha dato i suoi frutti con la Chiron Super Sport 300+, che ha battuto un record di velocità nel 2019 diventando la prima automobile di serie a superare la soglia delle 300 miglia orarie, con una velocità di esattamente 304,773 miglia (490,484 km/h).
Allo stesso tempo, Bugatti ha portato il limitatore elettronico a una velocità di 440 km / h (273 mph), rendendo la Chiron Super Sport la Bugatti di produzione più veloce di tutti i tempi e la Centodieci un’edizione limitata super-potente.
In sintesi si può affermare che la potenza del W16 è aumentata del 60% nello spazio di 14 anni.
Il motore è prodotto nello stabilimento Volkswagen di Salzgitter, in un reparto separato, riservato ed esclusivo, ove due esperti tecnici impiegano sei giorni per assemblare meticolosamente e manualmente le 3.712 singole parti del leggendario W16.